PRECARIATO : TUTTI IN PIAZZA
Con slogan identici , senza mai ottenere risposte, studenti, ambasciatori, operai, musicisti, terremotati e persino poliziotti, tutti con manifestazioni in piazza.
Nel 2010 solo a Roma, hanno sfilato mille cortei, significa milioni di italiani a cui se ne aggiungono altrettanti in quasi tutte le regioni. Protestano ormai da mesi. In quelle piazze non ci sono solo le teste calde. E’ un popolo che parla sempre di più la stessa lingua. Gli slogan sono simili.
E’ possibile risolvere il problema della disoccupazione con l’introduzione di nuove forme di lavoro cosiddetto atipico, ossia flessibile e precario ?
E’ possibile risolvere i problemi di sussistenza e di qualità della vita a tutti coloro che vivono quasi al di sotto della soglia di povertà per mancanza di reddito attraverso lavori temporanei, precari, atipici in genere e con poche garanzie salariali e normative ?
Il concetto di flessibilità del lavoro, l’idea che occorre abbandonare il modello del “posto fisso”, sono entrati ormai nel nostro quotidiano e molti economisti e studiosi si affannano a dichiarare che solo con un veloce interscambio dei posti e luoghi di lavoro sarà possibile adattarsi alle nuove regole che la “globalizzazione” e il nuovo paradigma socio-economico-produttivo impongono.
Ma sarà proprio così ?
Vi sono stati negli ultimi anni ristrutturazioni di impresa , innovazioni tecnologiche che invece di creare nuova occupazione hanno realizzato meno posti di lavoro dei licenziamenti effettuati. Una realtà senza analogie con il passato, che ha portato la disoccupazione a divenire uno dei fenomeni più drammatici del nostro tempo con caratteristiche sempre meno congiunturali assumendo forti connotati strutturali. Si tenta sempre di più di limitare costi superflui e di accumulare scorte eccessive, si diffonde il just time, ossia il lavoro, la produzione in tempo reale flessibile al massimo..
L’entrata della comunicazione nei processi di produzione è definita dal fatto che l’impresa deve aumentare il rendimento senza aumentare la quantità. I guadagni di produttività non si realizzano più senza le economie di scala ma attraverso la produzione di piccole quantità di molti modelli di prodotto con la possibilità di avere una risposta rapida alle continue variazioni di mercato.
La fabbrica diventa minimalista perché tutto ciò che supera la capacità di assorbimento del mercato deve essere soppresso. Quando sono le leggi del mercato ad ordinare, ad imporre qualità e quantità in tempo reale, il lavoro diviene sempre più costrittivo, destinato all’obbedienza e alla fedeltà.
La nuova organizzazione del lavoro si caratterizza sempre più con l’esplosione della precarietà, della flessibilità, della deregolamentazione, sotto forme senza precedenti per i salariati in attività. E’ il disagio del lavoro, con la paura di perdere il proprio impiego, di non avere più una vita sociale, anzi di impiegarla tutta per il lavoro, con l’angoscia legata alla consapevolezza di un’evoluzione tecnologica che non risolve i bisogni sociali.
Con l’aggravarsi della crisi, non sarà possibile evitare massicce perdite occupazionali anche tra i lavoratori con un impiego stabile. La disoccupazione sta aumentando in tutto il mondo. C’è il pericolo che i posti di lavoro a tempo indeterminato che andranno persi durante la crisi non vengano mai ripristinati, ma piuttosto sostituiti con diverse forme di occupazione precaria.
Oggi più che mai c’è bisogno di unità tra tutti i lavoratori,a prescindere dalla tipologia contrattuale..
Scende in piazza un’intera generazione senza lavoro, senza pensione, senza futuro.
E’ la precarizzazione dell’intero vivere sociale !
Dott.ssa Patrizia Bonaccorsi
I Socialisti per Le Liberta’